Ho colto con grande entusiasmo l’invito di Arianna a parlare di me, non perchè ami particolarmente farlo, anzi, ma, perchè penso che scrivere possa essere utile a mettere ordine dentro noi stessi, donando agli altri la propria esperienza.
Io mi chiamo Rosaria e sono mamma di Gioele, che a febbraio ha compiuto tre anni.
Nel luglio 2005, a 25 anni, tra lavori estivi, corsa all’ultimo esame per non perdere il diritto ad usufruire della borsa di studio e della residenza universitaria, ho conseguito la laurea in Archeologia Classica, con una tesi sul mondo dell’infanzia nel mondo antico. Se ci si mette a studiare materie quali Storia Antica, Archeologia, Egittologia, Letteratura Latina, Anatomia, Grammatica Greca è principalmente per passione e fame di conoscenza, una fame che, a mio avviso, non dovrebbe essere mai sazia.
Nel 2007 mi sono trasferita in Romagna, lasciando la Puglia, terra d’origine di mio padre, alla ricerca della mia strada e spinta dal desiderio di ricongiungermi con il mio allora fidanzato, attuale marito. Ho lavorato per qualche tempo nel settore delle Humane Resource, iniziando da uno stage, e, devo dire, che era un lavoro che mi piaceva. Successivamente ho lavorato per quasi tre anni come impiegata commerciale: era un “lavoro sicuro”.
Nel marzo 2010, ci siamo sposati ed abbiamo deciso di lasciare la città in cui vivevamo per realizzare un piccolo grande sogno: acquistare una casa in campagna, con un grande giardino nel quale far scorazzare i nostri figli. A soli due mesi dal matrimonio, in una sera di maggio, un test di gravidanza positivo, fatto mentre mio marito cucinava gli spaghetti al pomodoro, divenuti il mio piatto preferito, durante tutta la gravidanza. Conoscendo varie coppie che, desiderano ardentemente una gravidanza, ma, incontrano tante difficoltà sul loro cammino, abbiamo apprezzato ancora di più la celerità con la quale la vita ha voluto realizzare questo nostro grande desiderio.
Dopo la nascita di Gioele, la totale assenza di aiuti, la scarsità di strutture adeguate-ma, in merito a questo, penso di sfondare una porta aperta-il propendere per una genitorialità “ad alto contatto” e, conseguentemente, il desiderio di non demandare ad altri l’accudimento di nostro figlio e la sua educazione, per lo meno non nei primi mesi della sua vita, mi ha fatto subito comprendere che dovevo “inventarmi” un nuovo lavoro.
Ad un anno Gioele ha cominciato il nido part-time, ma, la ricerca di un lavoro “tradizionale” e “sicuro” si è rivelata, complice anche la crisi, difficoltosa. Prima della nascita di mio figlio, i colloqui di lavoro vertevano sulle mie esperienze e sulle tante competenze acquisite negli anni. Dopo la maternità, complici anche i miei 32 anni – e meno male che all’università mi sono data una mossa!- sembrava che io non fossi più io. Il mio curriculum, farcito di una laurea a pieni voti, qualche pubblicazione, esperienze di lavoro, anche presso aziende di un certo “peso”, lavori di responsailità, sembrava non contare più di tanto!
Il colloquio tipo era: “Ha figli?” “Si, uno””Quanti anni ha?” “Due anni” “Ha i nonni?” “No, ma mio figlio frequenta il nido ed, all’occorrenza ho anche la baby sitter” “Eh, ma se non ha i nonni, nelle vacanze che fa? Quando si ammala? Lei è molto competente ma…” . Non c’era nemmeno bisogno di proseguire oltre.
La ricerca del lavoro “alternativo” e più “compatibile” con la ferma volontà di crescere mio figlio si è rivelata altrettanto piena di salite. E allora che si fa? Ho cominciato a scavare dentro me stessa, ho metaforicamente tirato giù dal chiodo la mia laurea, ho disseppellito quell’amore mai spento per l’archeologia e la cultura.
Da più di un anno ho iniziato a progettare ed ad occuparmi della docenza di corsi di didattica archeologica. Collaboro con le scuole primarie, con associazioni culturali, con biblioteche e pinacoteche. I bambini mi guardano con ammirazione, mentre disseppeliscono dalla terra resti di dinosauri e tesori misteriosi e mi dicono “Ma tu, maestra, sei proprio un archeologo vero?”. Spesso, prima che io esca dalla classe, un bimbo si avvicina e mi regala un foglietto piegato, con disegnato un cuore rosa, o un biscotto, o un pezzo di merenda. Penso che non avrei potuto avere la fortuna di fare un lavoro più bello.
Le mie giacche e le mie scarpe con il tacco sono chiusi in una scatola, a favore di una vita in cui non conta l’apparire, ma conta la volontà di conoscere, la fame di sapere, la gioia di condividere con gli altri le proprie scoperte.
Quando lavoro di pomeriggio Gioele, che ormai frequenta la scuola primaria, mi accompagna ed è ben lieto di manipolare creta ed usare i pennelli.
In questo periodo ho incontrato tante altre mamme che, come me, per necessità e per scelta, hanno ripreso in mano la loro vita ed hanno ricominciato “da capo”. Ho incontrato tante donne fantastiche.
Ci sono altri sogni nel cassetto, altri sogni da realizzare, sento di essere in cammino, ma l’importante è avere la forza di rialzarsi e di ricominciare, sempre.
Rosaria
La mia pagina Facebook